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Anche coniuge della contagiata da emotrasfusione subisce pregiudizi

Nel 1981, ad una giovane donna di soli 22 anni,  veniva praticata una trasfusione, presso una struttura pubblica del catanese.

Ignara che la sacca di sangue fosse infetta, contraeva l’HCV.

 Negli anni subito  a seguire la donna non accusava particolari malesseri.

Solo  dal 2003 pativa episodi di astenia, e simili,  ma ne ignorava la causa.

Alfine, nel  2012,   le veniva diagnosticata l’epatite C,  ricondotta alla trasfusione del 1981.

Diagnosi  che non solo ha sconvolto la vita della donna,  fisicamente e psicologicamente,  ma anche quella del marito e che  condiziona negativamente il loro rapporto di coppia

I  coniugi, successivamente, si rivolgono allo studio dell’Avv. Silvio Vignera,  che ormai da molti anni difende in giudizio i danneggiati da emotrasfusioni contagiose, il quale  intraprende una veloce ed efficace azione legale per il risarcimento dei danni ad entrambi i coniugi.

A conclusione il Tribunale di Catania ha chiarito e  statuito, in una recente sentenza,  che anche il coniuge, in questa tipologia di danni, patisce “quantomeno un significativo condizionamento della vita di coppia, rilevante sul piano del danno non patrimoniale subito dal congiunto in proprio” , ed ha così disposto,  anche a favore del coniuge del danneggiato, un risarcimento a carico del Ministero della Salute, ritenuto responsabile.

 

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