(ANSA) - CATANIA, 03 MAG - "La liquidazione va operata secondo le tecniche di valutazione probabilistica proprie del danno permanente" e quindi il risarcimento del danno per la morte di un invalido va calcolato fino alla data presunta di durata della vita e non soltanto fino al suo decesso. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione respingendo il ricorso del ministero della Salute che era stato condannato nei precedenti due gradi di giudizio a risarcire con 1,3 milioni di euro gli eredi di un uomo deceduto per cirrosi epatica contratta dopo una trasfusione di sangue a cui era stato sottoposto negli anni Settanta.
La patologia era stata scoperta dopo il 2000. Il ministero era stato condannato per l'omesso controllo del sangue in uso negli ospedali. Nella sentenza, pubblicata lo scorso 26 aprile, ma resa nota oggi dai legali dei familiari dell'uomo, l'avvocato Silvio Vignera ha ribadito, in tema di liquidazione del danno biologico "iure successionis", il principio secondo cui "l'ammontare del risarcimento dev'essere parametrato alla durata effettiva della vita del danneggiato si applica nel solo caso in cui quest'ultimo sia deceduto per causa non ricollegabile alla menomazione conseguente all'illecito, mentre, laddove la morte sia intervenuta" in "conseguenza diretta dell'evento lesivo, la liquidazione va operata secondo le tecniche di valutazione probabilistica proprie del danno permanente". "Il principio - ricorda l'avvocato Vignera - era stato già enunciato con una pronuncia del 9 novembre del 2022 dalla Suprema Corte. Se il ministero fosse più scrupoloso nell'ossequiare i principi resi dalla Corte di Cassazione, evitando di porre ricorsi e appelli privi di fondamento, permetterebbe una Giustizia reale più celere ed eviterebbe di gravare inutilmente sulle spalle dei contribuenti per le ulteriori spese legali e gli interessi". (ANSA).